VAN GOGH al Vittoriano

IL RITORNO DEL GENIO DELLA PITTURA

Erano 22 anni che le opere di Vincent Van Gogh non venivano più esposte a Roma. La lunga assenza del pittore olandese dalla Capitale viene ora ampiamente ripagata dalla mostra “Vincent Van Gogh – campagna senza tempo, città moderna”, visitabile presso il Complesso Monumentale del Vittoriano. Un evento attesissimo dai romani e non, se è vero che nei primi giorni di apertura sono già state registrate oltre 15.000 presenze. Come suggerisce il titolo stesso, i quadri presenti al Vittoriano si snodano lungo due direttrici fondamentali: la campagna e la città. Una campagna “senza tempo”, in quanto viene chiaramente svelata la visione dell’artista al riguardo del contesto rurale, che secondo lui doveva essere idealistico più che realistico, rappresentativo di un’intima felicità e, al tempo stesso, luogo immutabile. La “città moderna” apre invece tutto un altro discorso: per Van Gogh la città era il presente, il posto dove si poteva toccare con mano lo sviluppodel progresso e delle nuove avanguardie artistiche. Lì la crescente industrializzazione cambiava la vita e il destino degli uomini. Forse anche per questo la città rappresentata da Vincent non è mai totalmente fedele a se stessa e al suo grigiore, ma mantiene sempre un retrogusto naturale che sembra quasi renderla più umana e, perché no, più vivibile: è il caso dei parchi pubblici, ritratti con il felice passeggio della gente, o dei sobborghi di periferia, dove le ciminiere delle fabbriche coesistono con il verde. C’è, fondamentalmente, la costante convivenza di due aspetti. A questo punto siamo già negli anni che vanno dal 1886 al 1888, cioè quando il pittore si trasferirà a Parigi per provare il sapore della città in espansione, ma in mezzo ci sono anche altri periodi, non meno importanti: c’è l’inizio in Olanda con la raffigurazione del paesaggio locale, e ci sono i buen ritiri di St. Remy e Auvers-sur-Oise che costituiscono dei punti fermi molto suggestivi per la sua ultima produzione, fino a quel 1890 che ne decreterà la morte per suicidio. Con questa mostra si ha la possibilità di effettuare alcuni interessanti raffronti tra lo stile di Van Gogh e quello dei personaggi che lo hanno ispirato. Due nomi su tutti: Millet e Gauguin, esposti proprio accanto alle opere di Vincent. È bello vedere come ogni volta il “nostro” non volesse rinunciare ad apporre sulla tela il proprio personale tratto, la propria mano, entrando anche in contrasto con quei colleghi che invece erano per una “narrazione” del mondo più fedele alla realtà e meno al proprio sentire. Non è un caso se Van Gogh ebbe costanti screzi con Paul Gauguin fino a giungere a un’inevitabile separazione, che lo portò ad abbandonare il progetto di uno “studio del sud” e a tagliarsi un pezzo d’orecchio in preda a una crisi di nervi. Per quanto riguarda, nello specifico, alcuni dipinti, è da non perdere “Interno di ristorante”, figlio dell’inizio della collaborazione con gli impressionisti e i puntinisti, ma anche “Orti a Montmartre” e “Strada con sottopassaggio”, ottimi esempi di quella convivenza rurale-industriale cui facevamo cenno prima. Il top, in tal senso, lo si raggiunge con “I bevitori o le quattro età dell’uomo”, reinterpretazione de “L’età dell’uomo” di Daumier con l’aggiunta di uno sfondo che comprende alberi in fiore e ciminiere fumanti: ancora una volta, dunque, torna la dicotomia tra campagna e città. Il ragazzo, posto sulla destra del quadro, è circondato dal verde che simboleggia le rigogliose speranze della giovinezza; il vecchio, riconoscibile dal bastone, ha una storia lunga quanto quella della città situata alle sue spalle; dietro all’uomo di mezza età troviamo invece la fabbrica, simbolo dell’era moderna; il bambino, infine, ha le gote bianche come le nuvole che si stagliano nel cielo. Sempre per quanto riguarda l’accostamento tra agricolo e urbano, colpiscono anche gli autoritratti in cui Van Gogh si presenta ora come un gentiluomo, ora come un contadino. Insomma, se ancora ce ne fosse bisogno, questa mostra testimonia un dato incontrovertibile: Vincent Van Gogh era un genio. Per rendersene conto di persona c’è tempo fino al 6 febbraio 2011.

fonte: www.rometoday.it

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