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amore semplicemente complicato

“Mine vaganti” : Ozpetek riporta sullo schermo l’amore in tutte le sue forme.

Il regista italo – turco Ferzan Ozpetek fa di nuovo centro nel trattare un tema attuale come l’omosessualità, in maniera leggera e umoristica senza cadere nel superficiale. Omosessualità non nel senso stretto del termine, ma in quanto difficoltà di farsi accettare, a volte anche dai propri cari. Nettamente diverso dai suoi film precendenti, indubbiamente di grande qualità, ma molto malinconici e aspri come “Le fate ignoranti” (2001), “La finestra di fronte” (2003) e “Saturno contro” (2007), “Mine vaganti” è lo specchio di quanto possa essere difficile legare, nella società odierna, l’idea di omosessualità con quella della tipica famiglia numerosa e tradizionalista. Il nucleo centrale del film è proprio questo: come confessare di essere gay alla bigottissima famiglia che vive in una realtà meridionale restìa ai cambiamenti? E’ il problema di Tommaso Cantone (Riccardo Scamarcio), giovane salentino trapiantato a Roma, una Roma dalla mentalità molto più aperta del “suo” Sud e dove il ragazzo si rende conto della propria identità sessuale, vivendola alla luce del sole. Complice un viaggio di ritorno a casa per entrare a far parte della società di famiglia, Tommaso prende la coraggiosa decisione di rivelare il grande segreto, pur sapendo che farà esplodere una vera e propria bomba nella tranquilla e stimata famiglia Cantone. Ed è proprio qui che si snoda un intreccio corale di personaggi, ognuno con una sua particolarità e ognuno dedito a tener su una maschera che non rispecchia per niente la reale identità. Difatti il capofamiglia Vincenzo (Ennio Fantastichini) è un severo e autoritario borghese, il cui obbiettivo principale è salvaguardare l’idea decorosa di famiglia, ma contemporaneamente è il maschilista e adultero marito di Stefania (Lunetta Savino), madre apprensiva e moglie sottomessa ad un coniuge e ad una società nella quale necessariamente deve mantenere le sue idee sempre un passo indietro. Tommaso è il secondo dei tre figli: c’è Elena, la più piccola, che non vuole finire a fare la donna di casa e il primogenito Antonio (Alessandro Preziosi), figlio modello con la testa sulle spalle (apparentemente!) pronto a gestire l’azienda di famiglia. Della famiglia fanno parte anche l’eccentrica zia Luciana (Elena Sofia Ricci) e la nonna (Ilaria Occhini), un pò la voce fuori dal coro, perchè, malgrado l’età che la dovrebbe rendere poco moderna, è l’unica a ribellarsi all’idea convenzionale dell’amore. Da questo quadro abbastanza svampito scaturice il titolo del film: ogni personaggio è una mina vagante pronta a far esplodere la sua vera personalità da un momento all’altro. Ed è pronto a far esplodere il suo segreto anche Tommaso se non fosse per il fatto che il fratello Antonio lo batte sul tempo, rivelando a sorpresa anche lui le sue tendenze alternative, sconvolgendo la lineare tranquillità familiare e mandando il padre in ospedale per la dura notizia che gli è piombata addosso. Tommaso si troverà costretto al silenzio per non dare il colpo di grazia al padre e all’intera famiglia e spiazzato dalla corte di Alba (Nicole Grimaudo), bellissima ragazza che entra a far parte di questo scombinato contesto. Il sottotitolo del film afferma che “l’unica cosa più complicata dell’amore è la famiglia” ed è proprio questo il concetto attorno a cui ruota tutta la storia; le varie sfaccettature di ogni personaggio, ognuno con i suoi problemi di comunicazione verso coloro che non dovrebbero giudicare, ma solo sostenere qualsiasi scelta personale. Cosa che non fa la famiglia di Tommaso e che invece fanno i suoi amici romani quando arrivano a Lecce, scombussolando degli equilibri già precari. Questi personaggi sono una sorta di famiglia che il protagonista si è scelto, in alternativa a quella d’appartenenza distante sia per chilometri che per mentalità. Discorsi profondi e momenti di ilarità si accavallano in un film che scorre bene, ma che fa anche riflettere tanto su come sia difficile accettare una famiglia che non ti accetta per come sei realmente, una condizione molto comune per tanti giovani gay che oggigiorno si trovano ad affrontare, oltre ad un momento di difficoltà interiore, anche una forte crisi con il mondo esterno. Una notevole parte di questa società purtroppo, per quanto possa essere sviluppata, non è in grado di comprendere la “diversità” (se così vogliamo chiamarla!) e considera ancora l’omosessualità come una malattia da guarire, un’anima smarrita da riportare sulla retta via. Pensiero sbagliato e forse anche un pò arrogante perchè nessuno ha il diritto di affermare univesalmente quale sia la forma giusta dell’amore. C’è l’amore per la famiglia, per il proprio compagno/a, per se stessi, per il proprio cane… L’amore è semplicemente felicità e non conta in che modo la si raggiunga: discriminare una persona perchè gay è esercitare una forma di razzismo su chi è alla ricerca di un benessere esclusivamente personale, perchè al fine dei conti, una coppia dello stesso sesso non nuoce a nessuno. Anzi! In un momento in cui i valori morali sono in crisi, ogni forma d’amore è ben accetta per testimoniare che gli affetti sono ancora parte integrante di questo mondo. Una storia già bella è accompagnata inoltre da suggestive atmosfere girate nel leccese e da una colonna sonora splendida composta da Pasquale Catalano, che contiene anche dei brani di Patty Pravo: tutto l’insieme rende il film degno dei precedenti di Ozpetek, tanto da essere stato un successo sia al botteghino, sia al 70° Festival di Berlino, dove fu presentato in anteprima fuori concorso. Meritatissimo il successo per il modo in cui è stato realizzato, ma soprattutto per la grande verità che esprime perchè, come dice l’anziana nonna a Tommaso: “non farti mai dire dagli altri chi devi amare e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre”. Ed è un consiglio esteso a tutti.

Chiara vagni

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