INTERVISTA ESCLUSIVA A MARCO MASINI

INTERVISTA ESCLUSIVA A MARCO MASINI

UN PICCOLO CHOPIN

Intervista esclusiva a Marco Masini

Tarda sera. Una sera come tante. Una sera nella quale Marco abbraccia il suo pubblico, lo prende per mano sulla strada dei sogni, della realtà, dell’emotività e dei sentimenti. Sono quasi le 21.30, la folla lo aspetta. Lui arriva in macchina, parcheggia e, come l’ho visto più volte fare, resta seduto dentro. Quasi a voler trovare l’empatia giusta con la sua gente prima di incontrarla. Qualche minuto, più di uno sguardo dal finestrino e poi fuori, accompagnato da Stefano (il suo manager) nel backstage. L’intervista è prevista prima del concerto, attendo. Passa un quarto d’ora, arriva Stefano, mi invita a seguirlo, ci siamo. Entro in una piccola stanza, Marco indossa un paio di jeans ed una polo grigia, mi sorride e mi porge la mano. L’atmosfera è scherzosa, tra i ragazzi della band le battute sono sferzanti, tipiche dei toscani. Ci sediamo su una piccola panca. Siamo pronti.

La prima domanda è più una curiosità: Quanto c’è di autobiografico nelle tue canzoni?

Per la verità non molto, altrimenti non avrei venduto un disco… Se si racconta solo la propria vita gli argomenti finiscono presto, le mie canzoni sono le storie di tutti.

“Ci vorrebbe il mare” è indubbiamente uno dei tuoi maggiori successi, il mare come libertà o come naufragio?

È una canzone d’amore, parla di un addio… Sai, quando ci si sente abbandonati si ha bisogno anche di qualcosa che ci aiuti a liberarsi da quella situazione, da quella sofferenza. Il mare in questa canzone assume l’immagine della liberazione. Di certo non del suicidio che è solamente un gesto di vigliaccheria verso se stessi. Dobbiamo vedere l’amore come una malattia passeggera, che come arriva va via. Prima si viveva bene senza conoscere la persona per la quale poi si soffre. Basta aspettare un po’, disintossicarsi…

A 45 anni hai raggiunto una maturità importante che è evidente anche sul palco. Come stai oggi?

Molto peggio… scherzo, ma non troppo. Molto peggio perché quando si raggiunge la maturità scatta automaticamente la consapevolezza e la coscienza. Oggi, prima di fare qualcosa, mi faccio più domande e poi, qualsiasi tipo di successo, o di insuccesso, mi tocca molto di più. La spensieratezza della gioventù è purtroppo solo un ricordo.

La canzone “vaffanculo” arrivò al culmine di un tuo periodo difficile. Quanto il suo testo collima con i tuoi sentimenti di quel periodo?

Totalmente. Quando ti offendono sul personale devi reagire, devi trovare la forza ed il modo per opporti. Io lo feci. Scelsi la musica, la mia passione, per esprimere quello che sentivo, per rispondere a delle accuse che mi venivano mosse gratuitamente. Accuse che non riguardavano la mia professione ma la mia persona. Falsità come l’essere un ex-tossicodipendente ed un omosessuale. Colgo l’occasione per sottolineare che ritengo che i tossicodipendenti vadano aiutati e che gli omosessuali vadano accettati senza problemi. Solo che io non ero ne l’uno ne l’altro…

In quel periodo difficile hai avuto la tentazione di modificare i tuoi atteggiamenti, di proporti di più come la gente forse voleva vederti che come in realtà tu fossi?

Sinceramente no, ho sempre ritenuto che la sincerità è il primo dovere di un artista verso il proprio pubblico. Ho fatto un paio di esperimenti musicali, come fanno molti professionisti in questo settore, ma poi tutto è tornato com’era. Cambiare per compiacere qualcuno sarebbe stato un fallimento ed una mancanza di rispetto prima di tutto nei miei confronti.

Ti senti ancora “Un piccolo Chopin”?

Come ti dicevo all’inizio dell’intervista crescendo la spensieratezza muta in consapevolezza e quindi anche tutti i sogni da bambino devono poi fare i conti con la realtà. La musica è nata dentro di me come una passione e poi, con tanto studio ed applicazione,  è diventata una professione. La passione è comunque rimasta ma si stava meglio da bambini.

Bambini. “L’Uomo volante” affronta il tema della paternità. Ti senti pronto a diventare padre?

Ho scritto “L’uomo volante” in periodo nel quale il desiderio di paternità era in me molto forte. Successivamente ci sono stati momenti nei quali questa intensità è diminuita ed altri invece durante i quali è tornata in maniera più decisa. Oggi penso che se un giorno accadrà, sarò molto felice di essere padre e cercherò di farlo in maniera attenta, consapevole dell’importanza del ruolo. Di genitori “distratti” ce ne sono già troppi.

Avrei ancora molte domande ma entra Stefano, è ora di andare: Marco sul palco, io ad ascoltarlo. Dopo aver avuto il privilegio di questa chiacchierata, dopo aver capito quanto l’uomo sia in linea con l’artista. Sincero, schietto, simpatico ma profondo. Parte la prima nota, Marco sale la scaletta, si accendono le luci. È un’altra sera come tante, inizia un altro grande abbraccio tra Marco e la sua gente.

Massimiliano VITELLI

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